La società telefonica deve restituire le somme addebitate per i servizi in abbonamento.

Quante volte nel nostro contratto telefonico ritroviamo delle voci mai richieste per contratti mai sottoscritti.La tecnica è sempre la stessa ed è molto diffusa tra le compagnie telefoniche: attivazione di un servizio premium del costo di pochi euro o a volte pochi centesimi a settimana mediante una semplice pressione involontaria su un link nascosto in una pagina web visualizzato tramite smartphone, ed il gioco è fatto.Tali servizi possono essere attivati anche sulle Internet Key (chiavette per il collegamento a Internet) con seria difficoltà di accorgersi dell’attivazione.Il credito inizia a diminuire inesorabilmente; inizia, quindi un vero e proprio calvario per il consumatore, di vani tentativi di disattivazione o di rimborso e di continue chiamate al gestore, che spesso se ne lava le mani.Finalmente è arrivata una ferma e decisa condanna a questa pratica scorretta da parte del Giudice di Pace di Lecce.Il gestore telefonico aveva addebitato all’utente finale somme per c.d. “traffico a consumo extrasoglia”, “internet sotto rete 3”, “gettoni extrasoglia internet”, “contenuti portale 3” oltre ad una innumerevole varietà di abbonamenti attivati senza il consenso (quali ad esempio Emcube, Hotgirls, Mobile pay ecc).In particolare, gli utenti, tutti titolari di un contratto in abbonamento con il gestore telefonico H3G, presentavano – per il tramite dell’Avv. Alessandro Calò di Diritti e Rimborsi –  ricorso per ottenere il recupero di quelle somme in più addebitate in fattura.Dalle voci di spesa, infatti, si erano accorti che il gestore li costringeva a subire un esborso ulteriore rispetto a quello originariamente previsto dal contratto per la connessione ad internet e  la linea voce.Ottenuto il decreto ingiuntivo, la compagnia telefonica notificava nei termini relativo atto di opposizione instaurando, di conseguenza, un giudizio ordinario, nel quale sosteneva la liceità delle somme e la volontarietà degli addebiti.Tuttavia, il Giudice di Pace di Lecce – in ben tre giudizi – ha confermato il decreto ingiuntivo in favore del consumatore.Ed invero “il contratto sottoscritto dall’utente non dà in alcun modo la possibilità di avvedersi chiaramente dei termini economici riguardanti tali servizi” e “né il gestore – prosegue la prima sentenza – “ha dimostrato in alcun modo di aver chiaramente informato il consumatore su tutti i termini del contratto sottoscritto, né ha provato l’adesione dei servizi extra, né l’effettivo superamento della soglia fissata per il traffico telefonico”.Queste pronunce rappresentano un vero e proprio cambio di rotta e di prospettiva, una possibilità per il consumatore finale di veder ascoltate le proprie ragioni in materia di disservizi telefonici, che molto spesso si trasformano in delle vere e proprie trappole.